16 dicembre 2019, cognome, nome, data di nascita, gruppo sanguigno, consenso informato, controllo con il braccialetto elettronico. Espletate le procedure di sicurezza!
Dal deflussore incominciano a scendere nel mio braccio le prime gocce di emazie concentrate, dopo tante donazioni di sangue e di emocomponenti, è iniziata la mia prima trasfusione. Dopo aver speso una vita a promuovere la donazione, a operare per raggiungere e mantenere l’autosufficenza nazionale, a tutelare la salute del donatore e ad assicurare i massimi livelli di qualità e di sicurezza possibile delle trasfusioni con emocomponenti e medicinali plasma derivati per il ricevente, nel giro di un’ora, con un valore di emoglobina pari a 6, sono diventato uno dei 1800 pazienti che quotidianamente vengono trasfusi nel nostro Paese.
Intanto altre gocce di sangue scendono dall’unità di concentrato B positivo, mezz’ora prima sentivo la forza della vita sfuggirmi tra le dita, ora incredibilmente avverto un’ energia potente diffondersi in tutto il corpo. Sdraiato sul letto dell’ospedale guardo incredulo la sacca di sangue, le membra si rilassano, la mente più lucida si affolla di pensieri che si rincorrono. Due lacrime solcano il mio viso provato, ma sono lacrime di gioia e gratitudine, accomunato nella sorte a tanti pazienti ricoverati, sento dentro di me la stessa emozione della mia prima donazione, vedo tornare nelle vene il sangue donato da tanti donatori responsabili e anonimi, avverto, mentre trascorre il tempo, la forza di qualcuno che mi incita a combattere e reagire.
Il respiro si fa più regolare, il battito del cuore rallenta la sua corsa, e cresce la consapevolezza di quanto sia fondamentale avere a disposizione la giusta terapia trasfusionale nel momento del bisogno.
Abbandonato nel turbinio dei miei pensieri si conclude la prima trasfusione che viene subito seguita da una seconda. Il pensiero ricorrente e la prima donazione fatta durante l’ultimo anno di liceo, e da li che tutto è incominciato.
I primi impegni nell’Associazione, l’avvicinamento alla FIDAS nazionale, 17 anni di presidenza della Federazione.
Nulla in confronto con il valore, il bene e la potenza di quelle gocce di sangue che ridanno al mio corpo l’energia vitale di cui avevo assolutamente bisogno, nulla in confronto al riconoscimento della professionalità di chi, in emergenza e nella continuità assistenziale, si è preso carico della mia situazione.
Ripercorro il mio ultimo anno e mezzo di vita, quando in condizioni di salute ottimali, ho avvertito un campanello d’allarme che, nei primi giorni di settembre 2018, mi ha fatto scoprire di avere un tumore, un colangiocarcinoma delle vie biliari intaepatiche con una massa neoplastica di una decina di centimetri nella parte destra del fegato.
Preso in carico da un’eccezionale equipe sovra aziendale, ho affrontato tre cicli di chemioterapia, un intervento in laparotomia con ispezione di tutta l’area dell’addome, una radioterapia, due interventi di radio embolizzazione per introdurre delle microsfere di metallo con isotopo radioattivo nel fegato e aggredire la massa principale, tutto ciò continuando a lavorare, a mantenere gli impegni assunti, a combattere e cercare di rilanciare ogni volta il più lontano possibile il sasso con scritto sopra la parola fine.
Per scelta personale, di carattere e di riservatezza, ho voluto mantenere bassissimo il profilo della mia malattia per viverla, con meno interferenze possibili, tra gli affetti della mia famiglia e delle poche persone con le quali ho condiviso il dolore, l’impegno e la battaglia quotidiana. Insieme ai colleghi che mi seguono con sapienza e disponibilità, ho trovato in tutti loro i miei veri angeli custodi, veri sostenitori della vita e preziosi compagni di viaggio.
Compiango alcuni che, venuti a sapere del mio stato di salute, avrebbero potuto irridere o strumentalizzare la situazione. Sulla salute delle persone non si scherza! Si deve rispettare la malattia, si deve tutelare il malato! Non serve aggiungere sofferenze a chi cerca ogni giorno di trattenere l’anima con i denti.
L’esperienza di essere trasfuso mi ha dato un segnale chiaro e inequivocabile che fosse giunto il momento di abbattere i muri della riservatezza e di condividere questo percorso della mia vita con tutti coloro con i quali abbiamo fortemente condiviso i valori della solidarietà e della donazione.
Sono al termine della seconda trasfusione che sarà seguita da diverse unità di albumina, derivate dal plasma donato e frazionato in conto lavoro, per contenere una situazione acuta dettata dalla forte tossicità della chemioterapia in corso; con due giorni di ricovero si esclude qualsiasi altra complicazione e, a seguito di più controlli di chimica clinica, la terapia viene rinviata dal 23 dicembre al 3 gennaio 2020. Mi viene concesso un periodo di tregua da passare in assoluto riposo per recuperare forza ed energie, per poi riprendere a combattere e tornare alla quotidianità della vita.
Dal 16 dicembre ho l’impressione di vivere una vita allo specchio, mi vedo determinato e combattivo e nel frattempo fragile. Ho rafforzato la consapevolezza che diamo ci torna indietro con tutti i benefici all’ennesima potenza e che non dobbiamo stancarci di diffondere per il futuro la cultura della donazione. A ciò si unisce la gratitudine del più bel dono che, dopo la vita, abbia mai ricevuto che fa esplodere il cuore in un inno beneaugurante e tutti per l’anno nuovo che ci attende.
Editoriale di Noi in Fidas di Aldo Ozino Caligaris, Presidente nazionale FIDAS
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